Il Consiglio Nazionale Forense è l’organismo apicale istituzionale dell’Avvocatura e rappresenta l’intera classe forense.

Equo Compenso

Premessa

Il Consiglio Nazionale Forense - nella ferma convinzione che la corresponsione del compenso professionale debba essere proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione resa, tenendo conto della natura, del contenuto  e delle caratteristiche dell’attività legale effettivamente e concretamente svolta nonché della coerenza con i compensi  previsti  dal  D.M. del 10 marzo 2014, n. 55 - ha condotto  un lungo ed articolato lavoro di analisi che ha riguardato i testi di numerose convenzioni, da una parte, e la legislazione attualmente vigente in materia di equo compenso e di clausole abusive, dall’altra.

Vista la previsione di cui all'articolo 36, primo comma, della Costituzione, il Consiglio ha quindi teso a promuovere l'equità del compenso degli avvocati iscritti all'Albo nei rapporti contrattuali con imprese, o nei rapporti contrattuali con professionisti, società tra professionisti, e con enti pubblici, anche in riferimento all’art. 23 della legge 247 del 2012, n. 247 recante "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense".

Il Consiglio al fine di verificare la compatibilità della proposta legislativa con l’assetto normativo in materia, ha condotto una articolata analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR) che ha avuto ad oggetto la valutazione degli effetti attesi. Ciò ha consentito, attraverso una analisi ex ante degli effetti ricadenti sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni, di verificare la praticabilità e la sostenibilità della proposta.

L’analisi ex ante anzidetta ha avuto ad oggetto la legge che ha istituito l’equo compenso per i giornalisti (legge 233/2012) e l’ampia applicazione da parte della giurisprudenza del principio di “abuso di posizione economica”, originariamente previsto dalla legge di disciplina della subfornitura (legge 192/98) e ora ritenuto principio generale dell’ordinamento.

A ciò si aggiunga la verifica dei contenuti di numerose convenzioni che i “grandi committenti”, clienti forti come banche e assicurazioni, propongono ai professionisti legali per lo svolgimento di attività di consulenza e/o di rappresentanza in giudizio. Da ciò è emersa la presenza - piuttosto diffusa ed uniforme - di clausole “capestro”, di natura abusiva nella misura in cui non rispettano la proporzione tra il compenso previsto e la quantità e la qualità del lavoro svolto dal legale su mandato della impresa. A titolo di esempio, valgano le clausole che prevedono che nel caso il giudice liquidi all'avvocato una somma a titolo di spese legali superiore a quella concordata in convenzione, la somma eccedente viene incamerata dalla banca/assicurazione; o che impongono la gratuità della attività di consulenza ed assistenza, l'onere della anticipazione delle spese a carico dell'avvocato o la non rimborsabilità delle spese vive quali quelle di trasferta.

  • 2015 - 2016 elaborazione in seno all'Agorà degli Ordini di una proposta di legge per l’equo compenso nei contratti con i “clienti forti”, che tutela l’Avvocato nei rapporti contrattuali con altri operatori economici (grandi imprese, ma anche professionisti, società tra professionisti ed enti pubblici), per il necessario riequilibrio nei rapporti tra operatori economici
  • 14 luglio 2016 avvio del tavolo di lavoro presso il Ministero della Giustizia
  • 7 agosto 2017 approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del DDL in materia di equo compenso (A.C. 4631) su proposta del Ministro della Giustizia on.le Andrea Orlando, presentato alla Camera dei Deputati il 29 agosto 2017
  • 14 novembre 2017 approvazione di un emendamento sull'equo compenso in Commissione Bilancio del Senato, che introduce un nuovo art. 13-bis nella legge professionale forense, nell’ambito dei lavori di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria e per esigenze indifferibili (S. 2942 - c.d. decreto fiscale)
  • 16 novembre 2017 il Senato approva con voti 148 favorevoli e 116 contrari l'emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 2942 di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria e per esigenze indifferibili (S. 2942 - c.d. decreto fiscale), che recepisce le modifiche apportate dalla Commissione Bilancio e introduce la norma in materia di equo compenso per gli avvocati
  • 30 novembre 2017 la Camera dei Deputati approva con 237 voti favorevoli e 156 contrari la conversione del decreto relativo a disposizioni urgenti in materia finanziaria per esigenze indifferibili (A.C. 4741 - c.d. decreto fiscale) che introduce la norma sull’equo compenso
  • 5 dicembre 2017 pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 4 dicembre 2017, n. 172, che introduce la norma sull’equo compenso. La nuova disciplina entra in vigore il 6 dicembre 2017
  • 18 dicembre 2017 approvazione di un emendamento sull’equo compenso in Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, nell’ambito della discussione della legge di bilancio 2018 (A.C. 4768) finalizzato ad evitare scorrette interpretazioni della norma
  • 22 dicembre 2017 la Camera dei Deputati approva con 270 voti favorevoli e 172 contrari la legge di bilancio 2018 (A.C. 4768) che modifica la norma sull’equo compenso
  • 23 dicembre 2017 il Senato approva con 140 voti favorevoli e 94 contrari la legge di bilancio 2018 (S. 2960-B) che modifica la norma sull’equo compenso
  • 1 gennaio 2018 entrano in vigore le modifiche alla norma sull’equo compenso disposte dalla legge di bilancio 2018 (art. 1, co. 487, legge 27 dicembre 2017, n. 205)

La Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205 - G.U. 29 dicembre 2017, n. 302) ai commi 487 e 488 dell’unico articolo disciplina modifica l’istituto dell’equo compenso, disciplinato dall’art. 13-bis della legge professionale forense (inserito dall’art. 19-quaterdecies, del D.L. 16.10.2017, n. 148, come in L. 04.12.2017, n. 172). Le previsioni dettate per gli avvocati vengono estese dalla L. n. 172/2017 anche alle prestazioni, in quanto compatibili, degli altri professionisti di cui all’art. 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, comprendendo gli iscritti agli ordini e collegi.

 

Art. 13-bis. (Equo compenso e clausole vessatorie).

            1. Il compenso degli avvocati iscritti all'albo, nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività di cui all'articolo 2, commi 5 e 6, primo periodo, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è disciplinato dalle disposizioni del presente articolo, con riferimento ai casi in cui le convenzioni sono unilateralmente predisposte dalle predette imprese.

            2. Ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6[1].

            3. Le convenzioni di cui al comma 1 si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese di cui al medesimo comma salva prova contraria.

            4. Ai fini del presente articolo si considerano vessatorie le clausole contenute nelle convenzioni di cui al comma 1 che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato.

            5. In particolare si considerano vessatorie le clausole che consistono[2]:

            a) nella riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto;

            b) nell'attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto;

            c) nell'attribuzione al cliente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l'avvocato deve eseguire a titolo gratuito;

            d) nell'anticipazione delle spese della controversia a carico dell'avvocato;

            e) nella previsione di clausole che impongono all'avvocato la rinuncia al rimborso delle spese direttamente connesse alla prestazione dell'attività professionale oggetto della convenzione;

            f) nella previsione di termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente;

            g) nella previsione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del cliente, all'avvocato sia riconosciuto solo il minore importo previsto nella convenzione, anche nel caso in cui le spese liquidate siano state interamente o parzialmente corrisposte o recuperate dalla parte;

            h) nella previsione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata con il medesimo cliente, la nuova disciplina sui compensi si applichi, se comporta compensi inferiori a quelli previsti nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti o, comunque, non ancora definiti o fatturati;

            i) nella previsione che il compenso pattuito per l'assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti soltanto in caso di sottoscrizione del contratto.

            6. Le clausole di cui al comma 5, lettere a), b), c), d), e), g), h) e i), si considerano vessatorie[3].

            7. Non costituiscono prova della specifica trattativa ed approvazione di cui al comma 5 le dichiarazioni contenute nelle convenzioni che attestano genericamente l'avvenuto svolgimento delle trattative senza specifica indicazione delle modalità con le quali le medesime sono state svolte.

            8. Le clausole considerate vessatorie ai sensi dei commi 4, 5 e 6 sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto. La nullità opera soltanto a vantaggio dell'avvocato.

            9. (abrogato)[4]

            10. Il giudice, accertate la non equità del compenso e la vessatorietà di una clausola a norma dei commi 4, 5 e 6 del presente articolo, dichiara la nullità della clausola e determina il compenso dell'avvocato tenendo conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6.

            11. Per quanto non previsto dal presente articolo, alle convenzioni di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del codice civile.

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Si riportano di seguito i commi da 2 a 4-bis dell’art. 19-quaterdecies della Legge 4 dicembre 2017, n. 172.

 

Art. 19-quaterdecies, Legge 4 dicembre 2017, n. 172

2. Le disposizioni di cui all'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, introdotto dal comma 1 del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, anche alle prestazioni rese dai professionisti di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81[5], anche iscritti agli ordini e collegi, i cui parametri ai fini di cui al comma 10 del predetto articolo 13-bis sono definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1[6], convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

3. La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

4. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

4-bis.  Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli agenti della riscossione, che garantiscono, comunque, al momento del conferimento dell'incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all'importanza dell'opera, tenendo conto, in ogni caso, dell'eventuale ripetitività delle prestazioni richieste[7].

 

 
NOTE

[1] Comma così modificato dalla legge 205/2017. La previsione originaria così recitava: “2. Ai fini del presente articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6.”.

[2] Comma così modificato dalla legge 205/2017. La versione precedente prevedeva il seguente inciso tra le parole “vessatorie” e “le clausole”: “salvo che siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione,”.

[3] Comma così modificato dalla legge 205/2017. La versione originaria così recitava: “6. Le clausole di cui al comma 5, lettere a) e c) si considerano vessatorie anche qualora siano state oggetto di trattativa e approvazione.”.

[4] Comma abrogato dalla legge 205/2017. La versione originaria così recitava: “9. L'azione diretta alla dichiarazione della nullità di una o più clausole delle convenzioni di cui al comma 1 è proposta, a pena di decadenza, entro ventiquattro mesi dalla data di sottoscrizione delle convenzioni medesime.”.

[5] Legge 22 maggio 2017, n. 81 Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. (GU Serie Generale n.135 del 13-06-2017).

Art.1 - Ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro quinto del codice civile, ivi inclusi i rapporti di lavoro autonomo che hanno una disciplina particolare ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile.
2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente capo gli imprenditori, ivi compresi i piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del codice civile.

 [6] Decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'. (GU Serie Generale n.19 del 24-01-2012 - Suppl. Ordinario n. 18)

Art. 9 - Disposizioni sulle professioni regolamentate
1. Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.
2. Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista e' determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante. Con decreto del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionale e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. 
L'utilizzazione dei parametri nei contratti individuali tra professionisti e consumatori o microimprese da' luogo alla nullita' della clausola relativa alla determinazione del compenso ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
3. Il compenso per le prestazioni professionali e' pattuito al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessita' dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresi' indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attivita' professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista.
4. Sono abrogate le disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.
5. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non potra' essere superiore a diciotto mesi e per i primi sei mesi, potra' essere svolto, in presenza di un'apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il ministro dell'istruzione, universita' e ricerca, in concomitanza col corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i Consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente.
6. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:
 a) alla lettera c), il secondo, terzo e quarto periodo sono soppressi;
 b) la lettera d) e' soppressa.
7. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

[7] Comma aggiunto dall’art. 1, comma 488, L. 27 dicembre 2017, n. 205, a decorrere dal 1° gennaio 2018.

 

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