Corte dei Conti, Intervento della Presidente Cnf Maria Masi all'anno giudiziario 2023
Il testo dell'intervento della Presidente del Consiglio Nazionale Forense, Maria Masi, alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2023 della Corte dei Conti
I tempi che stiamo vivendo sono definiti – utilizzando un neologismo – tempi di “policrisi”. Crisi – climatica, ambientale, economica e, purtroppo, anche geopolitica – stanno investendo la nostra Nazione. Per affrontarle sarà necessario impiegare ingenti risorse pubbliche. Il corretto ed efficiente utilizzo dei relativi flussi finanziari è oggetto di tutte le funzioni della Corte dei conti a tutela della Repubblica. Viene, infatti, in rilievo immediato la previsione dell’art.103 Cost., che codifica nelle sue componenti essenziali la “missione” costituzionale della Corte dei conti, missione che consiste nel presidiare appunto con gli strumenti della giurisdizione l’ampio campo della contabilità pubblica, i cui mobili confini sono oggetto di riserva assoluta di legge. E l’auspicio è naturalmente che il presidio della Corte sia un efficace deterrente al compimento di eventuali illeciti, e riesca ad “accompagnare” questa nuova e per certi versi inedita fase di corposa spesa pubblica garantendo la legalità dei processi decisionali e la destinazione delle risorse esclusivamente verso finalità di interesse pubblico.
L’azione della Magistratura contabile, in particolare, è infatti essenziale per garantire la realizzazione dei molteplici e ambiziosi obiettivi strutturali disegnati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il mancato raggiungimento degli obiettivi comporterebbe, come è a tutti noto, gravi ricadute finanziarie, difficilmente affrontabili dalla nostra economia nazionale e probabilmente nemmeno dalla stessa Unione europea.
Alla Corte dei conti, in particolare, è attribuito il controllo sulla gestione dei fondi del PNRR, secondo quanto dispone l’art. 7, comma 7, del decreto-legge n. 77 del 2021, in cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea, e con l’obbligo di riferire al Parlamento almeno semestralmente. Tuttavia, a ben vedere, sono tutte le funzioni di controllo della Corte ad avere ad oggetto, sotto vari profili, l’impiego delle risorse per la ripresa, il che determinerà il coinvolgimento delle diverse Sezioni con uno sforzo sicuramente ampio ed inedito di coordinamento e di riflessione evolutiva del controllo.
Il legislatore ha anche potenziato le funzioni consultive della magistratura contabile, nell’art. 46 della legge n. 238 del 2021, proprio con riferimento alle risorse stanziate dal PNRR e dai fondi complementari. I pareri della Corte dei conti possono essere certamente un utile strumento di orientamento per gli enti pubblici impegnati nel difficile compito di realizzare – nei tempi previsti – gli interventi finanziati con le risorse europee.
Spetta però all’Avvocatura assistere le amministrazioni e le imprese nell’affrontare le singole questioni concrete, le difficili scelte amministrative, aiutandole in una selva intricata di disposizioni in costante attesa di semplificazione.
Certamente anche le funzioni giurisdizionali della Corte sono chiamate a tutelare il rispetto dei principi costituzionali che presidiano il buon andamento dell’azione amministrativa e gli equilibri di finanza pubblica, con un’attenzione particolare al corretto utilizzo dei fondi stanziati con il PNRR. In particolare, la giurisdizione sulla responsabilità per danno erariale conferma la sua centralità. Centralità non scalfita dalle limitazioni al perimetro dell’illecito, stabilite – per un lasso di tempo limitato – dall’art, 21 del decreto-legge n. 76 del 2020. Infatti, le fattispecie dolose sono e saranno sempre sanzionabili – a conservazione del nucleo essenziale di tutela -, pur alleggerendo amministratori e funzionari dalla prospettiva della responsabilità per condotte attive gravemente colpose.
È innegabile, infatti, che il legislatore, nella stagione del PNRR, intenda contrastare la cosiddetta “paura della firma”.
La chiara volontà del decreto-legge citato di restringere il perimetro della responsabilità dei pubblici agenti si ricava anche dalla riscrittura del reato di abuso d’ufficio contenuta nell’art. 23. Una novella però ancora insufficiente a scongiurare la prospettiva di numerose istruttorie penali aperte per il medesimo delitto anche se seguite da un minor numero di processi e da poche condanne. La natura ancora indeterminata dell’abuso d’ufficio fa temere a chi agisce per la pubblica amministrazione la contestazione di qualsiasi operato, con il rischio di essere trascinati in una sequela di penose conseguenze per la semplice apertura di un fascicolo.
L’auspicio è, piuttosto, che la responsabilità sia ragione di stimolo e non di disincentivo per l’azione amministrativa e sia, dunque, conforme ai canoni di proporzionalità, prevedibilità e ragionevolezza. Canoni che, con riferimento a tutte le responsabilità che gravano sui pubblici agenti – contabile e penale comprese –, si fatica a veder concretamente rispettati nel “diritto vivente”.
Ferme restando le responsabilità erariali accertate ed accertande da parte della Corte, merita, poi, una sottolineatura l’annosa quaestio relativa alla mancanza di effettività dell’esecuzione contabile e alla conseguente modestia dei recuperi nei confronti dei condannati. Sul che, naturalmente, non si possono muovere addebiti alla Corte dei conti e, spesso, neanche alle amministrazioni interessate. Si potrebbe/dovrebbe, quindi, avviare un dibattito, in funzione di una migliore tutela delle finanze pubbliche, proprio su questo versante, immaginando alcuni correttivi che, ad esempio, incidano sulle norme relative all’esecuzione delle sentenze di condanna, di cui agli artt. 212 ss. del Codice di giustizia contabile, norme che presentano alcuni limiti, soprattutto per quanto attiene alle ipotesi di crediti riferibili a più amministrazioni o alla previsione di più vie di recupero, equiordinate, ma non fungibili tra loro. Del resto, rendere più efficace l’esecuzione delle pronunce contabili, anche apportando mirate modifiche alle norme vigenti, può contribuire ad accrescere le entrate pubbliche, e, nel medio – lungo periodo, può avere riflessi positivi sulla fiscalità generale, rendendo meno gravosa l’imposizione fiscale stessa.
Da ultimo, mi sia consentito tornare su di una questione già argomentata e sottoposta alla Vostra attenzione negli interventi per l’inaugurazione degli ultimi due Anni giudiziari e che attiene, piuttosto, alle funzioni di controllo della Corte, della cui rinnovata centralità nello scenario della auspicabile ripresa strutturale ho appena detto.
Mi riferisco alla paventata applicabilità agli Ordini professionali della disciplina propria delle PP.AA. tout court, applicazione senza alcun adattamento, pedissequa, e a volte anche contraria al buon senso. Si tratta di un’assimilazione degli Ordini al resto del comparto pubblico che suscita perplessità.
La ragione invocata dell’assimilazione è che le normative genericamente rivolte al comparto pubblico, piuttosto che delimitare precisamente il proprio campo di applicazione in funzione degli obiettivi e della ratio del singolo intervento legislativo, si limitano per lo più a richiamare l’art. 1, comma 2, d. lgs. n. 165/2001 (T.U. pubbl. imp.), fonte che contiene un elenco del settore pubblico in origine pensato solo per l’applicazione delle disposizioni in tema di pubblico impiego, e che contempla anche gli enti pubblici non economici.
Tuttavia, gli Ordini professionali sono sì enti pubblici, ma esponenziali di comunità professionali. Sono enti pubblici a carattere associativo, come recita la legge forense, e non possono essere assimilati a Ministeri, enti locali ed altre tipologie di istituzioni pubbliche completamente diverse, in quanto ricevono somme di denaro solamente da parte dei singoli iscritti e non gravano sulla fiscalità generale. Per la stessa ragione, infatti, anche la Corte di giustizia dell’Unione europea ha escluso che gli Ordini professionali possano essere considerati organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della normativa sugli appalti pubblici. Del resto, non si ritiene che le partecipazioni societarie eventualmente detenute da questi enti possano incidere – per dimensione e natura delle risorse degli Ordini – sulla tutela della concorrenza e del mercato, ratio ispiratrice delle norme dettate dal Testo Unico sulle società pubbliche, d.lgs. n. 175 del 2016, né sugli equilibri di bilancio.
Anche il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la recente sentenza del 2 novembre 2022 n. 14283, è intervenuto in materia, annullando in parte qua la circolare MEF che pretendeva di acquisire dagli ordini professionali le comunicazioni sui costi del personale che richiede normalmente alle pubbliche amministrazioni. La sentenza valorizza l'art. 2, comma 2 bis DL 101/2013, dal quale ricava due norme:
1) agli ordini professionali, benché enti pubblici, non si applica in via automatica l'intera disciplina sul pubblico impiego, ma solo i principi e non certo una disposizione di dettaglio quale l'obbligo di rilevazione dei costi del personale;
2) agli ordini professionali non può applicarsi in via automatica neppure la disciplina generale sul contenimento della spesa pubblica.
Quanto sopra perché gli ordini non gravano sulla spesa pubblica. E quindi neanche il costo del loro personale grava sulla spesa pubblica. Occorre piuttosto "un'espressa previsione legislativa finalizzata a individuare, di volta in volta, quali principi sulla razionalizzazione e sul contenimento della spesa pubblica possono applicarsi agli ordini professionali, fermo restando il potere del legislatore di dettare di volta in volta una disciplina ad hoc per tali enti".
Per le stesse ragioni, gli ordini professionali dovrebbero essere, dunque, esclusi dall’applicazione della normativa sulle società pubbliche.
Ancora una volta mi sia consentito sottolineare come sia in ogni caso da scongiurare il rischio di compromettere l’autonomia di enti, formazioni sociali protette dall’art. 2 della Costituzione, che svolgono un essenziale ruolo istituzionale di garanzia senza incidere in alcun modo sugli equilibri dei bilanci pubblici.
Nella ferma consapevolezza della centralità della funzione consultiva e di analisi della Corte dei conti e della necessità di rafforzarne il ruolo di supporto e di indirizzo per i cittadini come per la pubblica amministrazione, con questi auspici, l’Avvocatura italiana formula gli auguri più sentiti di un nuovo anno giudiziario proficuo ed operoso.